WHERE ARE WE NOW?






Da Emanuele Paoletta

Siamo nel 2021, ma c’è ancora bisogno di parlare di uguaglianza. Siamo nel 2021, ma, come ogni anno, c’è ancora bisogno di ripetere che siamo avanti, siamo nel futuro, e ciò, nonostante continuino ancora a esistere, radicate nell’animo umano, le stesse contraddizioni, lo stesso odio e le stesse insicurezze di sempre. E anche nel 2022, 2023, e avanti ancora nel tempo, continueremo a ripetere gli stessi errori, e ci sarà sempre qualcuno che tirerà fuori la fatidica frase, pronunciata fra un sospiro e una scossa del capo: “Siamo nel 2031, per la miseria! Cose del genere non dovrebbero accadere!”. Purtroppo però accadono. E per cambiare non basta lamentarsi, non basta far presente che questi problemi ci sono, bisogna cercare di realizzare qualcosa di davvero concreto, che rimanga, che tocchi gli animi degli scettici, e che non sia solo una fugace sensazione che scompare il giorno seguente. Per fare solo degli esempi, ogni anno aumentano le manifestazioni a favore dei diritti della Comunità, ogni anno si tiene, riconosciuto a livello nazionale nel 1994, il famoso Pride, fra i suoi (molti) detrattori e sostenitori. Tuttavia ogni giorno leggiamo di una nuova aggressione omofoba.

Molti in Italia sostengono di fatto che non ci sia omofobia, o che essa sia così poco diffusa da poter essere ritenuta una corrente di pensiero minore. Queste affermazioni potrebbero trovare riscontro nei dati di uno studio di truenumbers, che mostra la percentuale di cittadini che hanno risposto con un secco “si” alla domanda: “La società dovrebbe accettare l’omosessualità?”. In Italia questa percentuale è del 75%, mentre quella di un analogo studio del 2007 era significativamente più bassa: 60%. È però opportuno chiederci se queste percentuali rispondano davvero alla realtà. Basta osservare il caso mediatico del Ddl Zan, disegno di legge che in linea generale propone “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Discutere se approvare una legge del genere, nel 2021, è quantomeno surreale. Una legge che cerca di mettere una pezza alla evidentemente carente legislazione italiana, con norme che cercano di avvicinarsi in maniera quanto più moderata possibile a qualcosa che assomigli ai diritti di una categoria ancora oggi guardata di sottecchi anche da persone che si definiscono pubblicamente “non omofobe”. È proprio in questo periodo che è dilagata sui social l’espressione amaramente ironica del: “Io non sono omofobo, però…”. Mai come oggi, infatti, c’è una frammentazione così sostanziale fra persone che si definiscono omofobe e non, tale da portare a creare molta confusione in chi non è dell’ambiente. C’è chi considera l’omosessualità qualcosa di normale, ma non accetta le unioni di persone dello stesso sesso, e, però, si definisce un fiero difensore dei diritti della Comunità. Poco c’è da fare per chi ormai ha una sua calcifica visione del mondo. Chi dovrebbe dare un buon insegnamento ai giovani, che saranno gli elettori e i costruttori del domani, sono lo Stato, la Scuola, la Famiglia. E se tutti i rappresentanti di queste centine morali sono persone delle vecchie generazioni, nella maggior parte dei casi non saranno bendisposte nell’affrontare queste questioni. Ed è proprio attraverso i social, internet, gli influencer, che la maggior parte dei ragazzi imparara tutto ciò che d’importante c’è da sapere sull’argomento. Questo tipo di apprendimento può essere un bene o un male, perché, se da una parte molti contenuti pubblicati sono di sensibilizzazione e informazione, dall’altra non c’è alcun filtraggio delle informazioni che dal web arrivano fino agli occhi e alle menti dei giovani. Il problema è sempre lo stesso: per fermare l’omofobia (non del tutto, perché ciò sarebbe, purtroppo, impossibile) c’è bisogno di una maggiore attenzione degli adulti verso i ragazzi, e soprattutto, verso i bambini. La loro è una visione del mondo ancora argillosa, che se da subito incasellata in un giudizio troppo semplicistico, scarno e conservatore della realtà, rischia di compromettere, forse per sempre, una mentalità possibilmente aperta e libera da pregiudizi. Distinguere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato potrebbe sembrare eticamente scorretto. Non bisogna, difatti, cercare di instillare dei preconcetti, ma solamente accompagnare con la mano il percorso dei bambini, mostrando loro tutte le possibili opzioni, senza però condannarne alcuna: a meno che, ovviamente, questa non implichi dei rischi alla propria libertà, e soprattutto a quella di altri esseri umani. Amare un uomo o una donna, a prescindere dal proprio genere di nascita, non mette a repentaglio la vita di nessuno. Ciò che bisogna fare è illustrare al proprio bambino tutte le sfaccettature della realtà, nient’altro. Questo dovrebbe fare anche la scuola, cercando di sensibilizzare verso temi importanti e ancora poco dibattuti nelle aule italiane, temi che a volte lambiscono anche le coste della politica. Lo Stato, dal canto suo, ha l’obbligo di mostrarsi super partes. Tutti i cittadini devono necessariamente godere degli stessi diritti, ed è solo con l’approvazione di leggi come il Ddl Zan che in futuro si potrà arrivare, forse, a un’equa legislazione, che riesca a coprire le esigenze di tutti i cives, anche delle categorie discriminate, che chiedono una maggiore protezione da chi ha parte della loro libertà in mano.


È quindi più che mai importante ricordare continuamente agli italiani di queste problematiche, affinché non cadano nel dimenticatoio quando ci sarà qualcosa di più interessante di cui parlare. A questo proposito qui di seguito sono riportate varie testimonianze di quanto la parità e l’uguaglianza siano ancora una meta da raggiungere.




Hai mai subito violenza fisica/verbale a causa del genere in cui ti identifichi o per il tuo orientamento sessuale?


1.


“Parlando delle mie esperienze personali anonime, nel 2019 mi affezionaii a questo ragazzo della nostra comitiva estiva. Gli dissi che oltre ai ragazzi mi piacevano anche le ragazze, il problema è che ci sentì anche un'altra che non c'entrava nulla nel discorso, e così lo seppero tutti i ragazzi del gruppo. Non so come, la voce si sparse diversamente: avevano capito fossi lesbica. Insomma, un continuo sfottò di qua e di là. Passai un brutto periodo che, grazie a quale santo non lo so, ho superato.

Riguardo alla mia identità di genere, essendo genderfluid, uso l'asterisco, ma in classe ancora non lo avevo detto a tutti. Lo sapevano solo alcuni e non ero prontx a dirlo a mezzo mondo. Insomma, un tipo aveva capito lo avessi già detto (quando non era assolutamente vero) e così mi trovai in imbarazzo. Nonostante in classe lo abbiano accettato tutti normalmente, alcuni continuano a misgenderarmi nonostante io gli abbia detto il mio "nuovo nome". Ma non solo nella mia classe, anche all'esterno. Odio quando non si rispettano i pronomi. Odio anche quando la gente dice che non sono importanti, quando non sanno che pure loro li hanno. Rido male.”


2.


“Avevo invitato tre miei amici a stare per qualche giorno nel piccolo paesino dove ci siamo trasferiti quest’estate.

Qui c'è un parco molto grande ed è davvero spettacolare, dato che di solito è tranquillo e non ci sono maniaci o persone che ci infastidiscono... o almeno così credevamo.

Iniziò tutto quando ci sedemmo su di una panchina, in un pomeriggio tranquillo e fresco, e iniziammo a scherzare e a parlare fra di noi, senza urlare e nulla. A un certo punto arrivò questo gruppo di quattro ragazzi (due maschi e due femmine) che da lontano iniziarono a sfotterci chiamandoci "LGBTQ+ 48 CANALI 3 POLLICI" (e questi nemmeno li conoscevamo). Noi allora decidemmo di rispondere in modo scherzoso, per alleggerire la situazione.

Con il passare dei giorni, però, si aggiunsero sempre più persone di quel gruppo, che continuarono a sfotterci e a infastidirci da lontano. Uno di loro ebbe persino il coraggio di approcciarci come se fosse un amico...

Una sera, questi ragazzi cominciarono a farci il verso del vomito, continuando a ripetere la parola "gay". Noi, sempre più irritati e frustrati, uscimmo  dal parco gridando a nostra volta parole offensive nei loro confronti. Questi qui, dall'altra parte del parco, si alzarono e fecero per venire da noi a "picchiarci". Scappammo, in preda alla paura; io chiamai mio padre e, in un attimo, mezzo paese seppe di questa cosa.”



Suggerisci un modo per poter affrontare questi temi a scuola. Secondo te bisognerebbe riformare il sistema scolastico tenendo conto anche di ciò?


“Già nei libri di scuola elementare c'è molto sessismo, quindi la strada è lunga. Molti libri rappresentano sessismo e misoginia a livelli assurdi, anche se non ce ne rendiamo conto. Credo che il primo passo siano proprio i libri utilizzati, non solo quelli illustrati, ma anche quelli di testo.

Si potrebbe chiamare qualcuno di esterno, come fecero nella mia scuola media, dove organizzarono un progetto per sensibilizzare a temi del genere. Fosse per me, toglierei l'ora di religione cattolica (perché santo Freddie, siamo in un paese laico) e la sostituirei con un'ora alla settimana di educazione sessuale. Ma porca vacca, il Vaticano esiste e non credo sarà possibile, però spero almeno che la includano nell'orario scolastico.”


È giusto per te che ancora nel 2021 sia considerato legale fare propaganda politica contro la Comunità LGBT+?


“Allora, la propaganda è diffusione. A me, se tu sei omofobo, non frega niente. Perché tu hai la mente chiusa, hai un ribrezzo perché sei di un altro orientamento sessuale. Va benissimo. Anche a me fa schifo che tu ti baci con il tuo ragazzo/ragazza, tu, persona etero cisgender. Però farne propaganda è come diffondere odio. Per me non ha senso che tu debba odiarmi, e venire a rompere diffondendo il tuo pensiero, credendo che sia la parola di Dio, così come te lo fanno credere molti.

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